Il progetto TAP – Trans Adriatic Pipeline è un progetto infrastrutturale per la costruzione di un condotto per il trasporto del gas naturale proveniente dai giacimenti di ShahDenizin in Azerbaijan fino alle coste italiane per la distribuzione in Europa. Questo gasdotto fa parte del più grande progetto denominato Corridoio Sud del Gas di cui fanno parte il Trans Anatolian Pipeline (TANAP) e il Trans Caspian Gas Pipeline. Il TAP è il tratto di gasdotto che dovrebbe connettere Kipoi (al confine greco/turco) al Salento [1]. TAP dovrebbe avere una lunghezza di 878 chilometri (di cui 550 chilometri in Grecia; 215 chilometri in Albania; 105 chilometri nell’Adriatico e 8 chilometri in Italia) [1]. Secondo quanto descritto nel progetto definitivo, il tratto italiano del gasdotto dovrebbe avere una portata di 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno, con la possibilità di un aumento di portata nel futuro fino a 20 miliardi di metri cubi [2]. Il TAP dovrebbe approdare al lido San Basilio meglio conosciuto come Mamanera a San Foca (una frazione di Melendugno). Si tratta di una località conosciuta dai pugliesi per essere, d’estate, la più grande dance hall reggae a cielo aperto del Salento oltre che uno dei lidi più frequentati dai turisti per il mare cristallino [3]. Il progetto, ritenuto di importanza strategica dall’Europa e dal governo italiano [4], come opera per la diversificazione degli approvvigionamenti energetici, viene avversato da popolazione e governi locali. Per dare voce alle preoccupazioni circa il gasdotto inizialmente si è attivata l'Associazione Tramontana che, venendo a conoscenza del progetto grazie ad un consigliere comunale, ha preparato le prime osservazioni per contrastare il progetto [5]. Successivamente Tramontana è confluita all'interno del Comitato No Tap. Ancora oggi grazie all’appoggio delle amministrazioni locali, il Comitato continua a manifestare la propria contrarietà. Il dissenso nei confronti del gasdotto è nato dalle preoccupazioni sugli impatti che una tale opera potrebbe avere sull’ambiente e sull’economia locale. Esiste inoltre un piano di contestazione più alto che riguarda la strategicità dell’opera e i meccanismi di finanziamento della stessa che potrebbero trasformarsi in costi per tutti i cittadini. San Foca, per esempio, è una località marittima vocata al turismo e alla pesca, in cui natura e biodiversità sono il motore della vita comunitaria e dell’economia locale. Le preoccupazioni ambientali si basano sulla presenza, nelle acque interessate dal progetto, di banchi di corallo, praterie di posidonia oceanica, grotte carsiche e in generale una ricca biodiversità che verrebbe compromessa. Basti pensare che quell’area è meta per la nidificazione di tartarughe Caretta Caretta [6]. Il gasdotto, da progetto, dovrebbe approdare vicino alla scogliera di San Basilio con le sue fragili falesie che potrebbero essere danneggiate dalle manovre di trivellamento e posa del condotto. Infine, il tratto di raccordo tra l’approdo e il PRT (Pipeline Receiving Terminal) ubicato nel Comune di Melendugno dovrebbe attraversare un’area con 1900 ulivi. La questione degli ulivi però è ben più ampia: il TAP dovrebbe terminare nel Comune di Melendugno ma per essere operativo bisognerebbe connetterlo, tramite una nuova connessione, con la Rete Nazionale dei Gasdotti che si trova a Mesagne, un comune a 55 km da Melendugno [5], eradicando oltre 10'000 ulivi [7]. Numerose sono le preoccupazioni anche sul fronte economico per le possibili perdite nei settori turistico e ittico a causa dei disservizi che potranno essere portati dai lavori di realizzazione dell’opera. Infine, sono state sollevate preoccupazioni anche a livello sanitario. Il presidente della sezione di Lecce della LILT (Lega Italiana per la Lotta ai Tumori), il Dott. Serravezza, ha manifestato le sue perplessità circa la mancanza nei documenti progettuali di TAP di uno studio sull’impatto sanitario del progetto [8][9]. L’aspetto portato alla luce riguarda i fumi prodotti dalla centrale di depressurizzazione del terminal di ricezione, che andrebbero a peggiorare le condizioni d’inquinamento atmosferico del Salento, già contaminato dai residui provenienti da Taranto e Brindisi a causa dei venti che li trasportano nell’area [10], [11]. In particolare, nel 2014 la LILT, Lega Italiana per la lotta contro i tumori, ha preso una posizione forte e decisa contro la realizzazione del gasdotto, producendo due documenti scientifici che dimostrerebbero un incremento dell’incidenza dei tumori sulla popolazione connessa di questa opera [12].
Oltre a queste preoccupazioni, il comitato No Tap [13] ha inoltre sollevato obiezioni al progetto che si basano sul rifiuto di sostenere attraverso il gasdotto, e il flusso di soldi ad esso relativo, un regime autoritario come quello azero. Viene messa anche in dubbio la presunta indipendenza dalla Russia che i sostenitori del progetto pubblicizzano come punto a favore di esso. In aggiunta, si continuerebbe a dipendere da una risorsa non rinnovabile, dunque nella pratica le fonti di approvvigionamento non verrebbero diversificate [14].
Il progetto TAP ha incontrato numerosi ostacoli sul suo cammino. Già nel 2010 la Camera di Commercio di Bari aveva espresso parere negativo sullo stesso. Parere confermato dalla Commissione Via della Regione Puglia nel 2012 e dal consiglio comunale di Melendugno con una proposta di deliberazione per negare “autorizzazioni, nullaosta, pareri, varianti urbanistiche di competenza del comune di Melendugno alla TAP (Trans Adriatic Pipeline)” votata a febbraio 2012 all’unanimità. Più recentemente, un nuovo passaggio alla Commissione Via della Regione Puglia (gennaio 2014) ha dato nuovamente esito negativo e il progetto a settembre 2014 ha ricevuto un’ultima bocciatura dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo [11][15][16][17]. Il Comitato NO TAP, attraverso manifestazioni, denunce e incontri informativi alla popolazione ha sin dall’inizio manifestato i dubbi e le criticità rispetto al progetto. A tal proposito, nel 2011 ha presentato le proprie osservazioni sul progetto in fase di scoping e successivamente ha organizzato manifestazioni, raccolte firme, eventi culturali e informativi. Insieme con il Comune di Melendugno, sono state presentate le osservazioni alla VIA presentata da TAP al Ministero dell’Ambiente [11]. Nonostante la cospicuità dei pareri istituzionali negativi, e delle numerose manifestazioni di dissenso da parte del Comitato NO Tap e della popolazione stessa, il Ministero dell’Ambiente ha approvato, in data 11 settembre 2014, con Decreto Ministeriale la VIA per il progetto TAP [17]. Successivamente, il 29 Aprile 2015 il progetto TAP ha ottenuto il via libera da parte del Consiglio dei Ministri ed il 21 Maggio 2015 il Ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi ha firmato il Decreto di autorizzazione unica del metanodotto, il provvedimento definitivo che fa partire i lavori per la realizzazione dell’opera [18]. Contro tali decisioni si sono scagliati il Comitato NO TAP che ha presentato ricorso al TAR sia contro il decreto di compatibilità ambientale sia contro l’autorizzazione unica [19], il Comune di Meledugno e la Regione Puglia. A tal proposito, il 17 Febbraio del 2016 il TAR si è pronunciato respingendo i ricorsi proposti da Comune di Melendugno e della Regione Puglia, confermando così il Decreto con cui il Ministero dell’ambiente ha rilasciato la Via [20]. La regione Puglia però ha proceduto con un nuovo ricorso, presentato il 16 Dicembre 2016, che si basa sulla violazione del principio di ripartizione di competenze tra Stato e Regione [21].
Nel frattempo, a Febbraio del 2017 la Società TAP ha presentato al Ministero dell'Ambiente la documentazione per la progettazione del micro-tunnel per l'approdo italiano del gasdotto, una delle parti più contestate del gasdotto dalla commissione di esperti del Comune di Melendugno [22][23]. Il termine ultimo per presentare le osservazioni è stato l'8 Aprile del 2017 [24]. Durante l'attesa per la verifica di assoggettabilità alla VIA di questa parte di progetto e nonostante il disegno chiaro del progetto complessivo non fosse ancora definito, i lavori sono iniziati. E sono iniziati proprio con l'espianto degli ulivi. Ed è proprio in questo momento che l’attenzione sulla questione TAP si è acuita vertiginosamente: cittadini, genitori, bambini, ristoratori locali, associazioni, comitati locali, sindaci hanno cercato di bloccare lo spostamento dei 211 ulivi presidiando giorno e notte il luogo del cantiere. Dopo i primi scontri con gli agenti, il 22 Marzo si era ottenuto uno stop momentaneo del lavoro da parte del prefetto di Lecce; ma grazie ad un nuovo via libera del Ministero dell'Ambiente, i lavori sono stati sbloccati [25]. Proprio durante tale situazione di criticità, è arrivata la pronuncia del Consiglio di Stato che ha respinto gli appelli proposti contro la sentenza del Tar dalla Regione Puglia e dal Comune di Melendugno [26]. Un nuovo stop dei lavori si è avuto il 6 Aprile 2017 quando Il Tar Lazio ha accolto la richiesta di sospensiva avanzata dalla Regione Puglia rispetto alla nota con cui il ministero dell'Ambiente aveva di fatto dato il via libera all'espianto degli ulivi dal cantiere di San Basilio [27]. Le ragioni del ricorso infatti riguardavano le competenze Stato/Regione: sebbene il via libera doveva essere dato dalla Regione, il Ministero con una nota aveva scavallato le autorità locali. Il TAR però il 20 Aprile 2017 ha rigettato il ricorso della Regione Puglia in quanto, essendo il TAP un'opera strategica, il Ministero dell'Ambiente, in quanto autorità di controllo, poteva prendere tale decisione. A seguito di ciò TAP ha avuto nuovamente il permesso di riiniziare i lavori [28]. A Novembre 2017 il conflitto si è acuito nuovamente: con la riattivazione dei lavori parte del territorio è stato militarizzato per evitare che ci fossero ostacoli ai lavori. Il 18 Novembre è anche stato rilasciato il primo daspo a un attivista ventenne: non potrà avvicinarsi a Melendugno per 3 anni a causa delle proteste dei mesi scorsi.
In seguito ad alcuni scontri con la polizia durante una manifestazione di protesta per impedire che venisse realizzato il cantiere Le Paesane (località dove erano stati espiantati 448 ulivi), l’11 aprile 2018 un altro attivista No Tap è stato arrestato e condannato a 9 mesi di reclusione (il giudice ha in seguito sostituito la misura cautelare degli arresti domiciliari con quella del divieto di dimora nei comuni di Melendugno e Lecce).
L’area del cantiere è stata poi posta sotto sequestro alla fine di aprile dalla Procura di Lecce proprio a causa di dubbi sull’espianto degli ulivi a cui il movimento NO TAP si era opposto.
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A luglio 2018 è stata necessaria la sospensione immediata dell’attività di TAP in seguito alla scoperta dell’inquinamento della falda sottostante l’area di cantiere: cadmio, arsenico, cromo, nichel e vanadio sono risultati infatti oltre i valori di tollerabilità a San Basilio. La causa di tale inquinamento sembrerebbe imputabile proprio alle attività del cantiere. Dal sopralluogo effettuato dall’ARPA Puglia il 9 gennaio 2018 infatti risultava che nel cantiere TAP di San Basilio non erano state ancora completate le aree impermeabilizzate al fine di proteggere il terreno e le acque preservandole dall’inquinamento [31]
Il movimento NO TAP aveva già denunciato a febbraio 2018 il rischio di inquinamento della falda a causa dei cantieri.
All’inizio di agosto 2018, il Movimento No TAP ha promosso, insieme ad associazioni e abitanti del territorio, una istanza di accesso civico generalizzato (F.O.I.A.) a tutti i ministeri del Governo: l’istanza è stata presentata tramite l’avvocato Michele Carducci con lo scopo di chiedere l’accesso ai dati e ai documenti in possesso delle amministrazioni relative agli eventuali “costi di abbandono” dal progetto del TAP. Infatti, sulla stampa sono circolate stime generiche e non documentate relative a un costo “da 40 a 70 miliardi” di euro [32].
Attraverso questa istanza inoltre il Movimento No TAP ha richiesto la documentazione sull’analisi costi-benefici prevista dall’Unione Europea.
A settembre sono arrivate alcune risposte generiche dal Ministro per il Sud, dal Ministro dell’Ambiente e dal Ministero dell’Interno: tutti e tre si sono dichiarati non in possesso della documentazione richiesta.
Anche il Ministero dello Sviluppo Economico ha riconosciuto che non si dispone di atti relativi ai costi di abbandono, ma solamente di dichiarazioni verbali di esponenti azeri, o di deduzioni astratte [32].
Nonostante tutto, il 26 ottobre il governo ha dichiarato che il gasdotto deve essere completato, giustificando la decisione affermando che fermare il progetto ora significherebbe pagare una penale insostenibile [33] [34].
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